Terzo tempo rev. 13 giugno 2008

di Andrea Donnini


Domenica mattina, ore 08:15 e temperatura di meno due gradi.

Il sole inizia a sorridere ed è giunta l'ora di svegliarlo. Mia moglie mi guarda e volta lo sguardo oltre la finestra, non sono necessarie le parole: il freddo che affronteremo le traspare dagli occhi. Tra poco più di un'ora dobbiamo essere al campo per l'assembramento under 7. Ora, per i non addetti ai lavori, si tratta di una giornata dove i bambini di varie società si affrontano, sei contro sei, in mini partite di questo splendido sport che è il rugby.

Niente pacchetti di mischia o pali dove calciare quella buffa palla ovale, ma solo poche regole per iniziare a capire come si gioca e, prima di tutto, a comprendere che cosa sia veramente un avversario nello sport. Lo scopo finale è di divertirsi tutti insieme.

Prepariamo la borsa, il mangiare e la cassa di bottiglie. Questa volta l'assembramento è presso la nostra società e tocca a noi organizzare viveri e vettovaglie varie.


La colazione è abbondante, mio figlio sorride e riempie per corpicino magro con tutto quello che trova. La colazione è l'unico pasto in cui non gli manca mai l'appetito.

Arriviamo al campo puntuali, fa freddo e il sole non si decide a iniziare il suo caldo lavoro. Mio figlio non sembra preoccuparsene, a sette anni i pensieri sono altri. È contento: già vede alcuni dei suoi amichetti.

Lo accompagno negli spogliatoi mentre mia moglie sale al piano di sopra: si è offerta di aiutare ai tavoli.

Pochi minuti ed è fuori, ho cercato di coprirlo il più possibile ma la sua maglia numero cinque è in bella vista. Per lui non è importante vincere ma divertirsi e sono felice di vederlo correre e scherzare con i suoi compagni.

Piano piano arrivano le altre società, una anche da un'altra regione: ci sono Under 7 e 9; risate, corse e saluti. Il sole continua la sua lotta contro il freddo che ancora la fa da padrone.

Sono in molti, l'allenatore li fa rientrare nello spogliatoio e li divide in tre squadre, non c'è agonismo o campanilismi: se a un'altra società manca un elemento, nessun problema, i bambini cambiano maglia senza farsi problemi. Vado sulle gradinate armato di macchina fotografica e vedo che sono in buona compagnia. Il freddo, alimentato da un leggero venticello, si fa pungente. Per un attimo penso: - e se si ammala?

Lo cerco tra le maglie biancorosse e lo vedo correre. No, non mi sembra infreddolito. Le partite filano via con bambini che già iniziano a dimostrare movimenti appropriati, altri che scherzano e ridono, altri che cercano con movimenti goffi di portare avanti il pallone. Insomma, nel campo vedi di tutto ma è il divertimento che accomuna ogni bambino. Anche tra gli allenatori ci sono quelli che urlano, chi da solo consigli, chi dice di non afferrare per il collo e chi guarda compiaciuto di contribuire a insegnare lo Sport, quello con la S maiuscola a un gruppo di bambini.


Ore 12:20, fine delle partite, gli under 9 continueranno ancora per un po'. Corro verso gli spogliatoi. Cerchiamo di farci spazio.

- Babbo, hai visto come ho placcato?

- Sei stato bravo. Ti sei divertito?

- Sì, tantissimissimo!

- Puzzetta! - grida un amico di mio figlio.

- Ciao Tortellino! - gli risponde lui

- Dai fai la doccia - lo incito porgendogli il bagnoschiuma, - che c'è il terzo tempo.


Terzo tempo, terzo tempo...


Sotto le docce è un mescolio di urla e risate. C'è chi parla della partita, chi fa lo "scemetto" sotto la doccia, chi spreca fiumi di sapone per riempirsi la mano e chi è ancora seduto completamente vestito. Per fortuna è tra i primi a uscire dalla doccia, l'aiuto a rivestirsi. Una sbucciatura al ginocchio e un graffietto al polpaccio ma lui proprio non se ne accorge.

- Babbo, ora andiamo al terzo tempo?


Terzo tempo, terzo tempo...


Usciamo e attendiamo il resto del gruppo. L'allenatore li raduna e li fa salire al piano di sopra. Molti tavoli e bambini di tutte le società a mangiare insieme. Le mamme a servire ai tavoli e io attendo fuori. Vedo mia moglie indaffarata con le altre mamme, tra poco arriveranno anche gli Under 9 e quelle cominciano già a essere bocche più affamate.

Mi affaccio sulla strada. Polizia, carabinieri e vigili a presidiare il piazzale. A pochi metri c'è lo stadio Artemio Franchi. Si gioca una partita di serie A: Fiorentina-Catania. A guardare bene sembra più l'entrata di una prigione: cancellate, e barriere di ogni genere.


Terzo tempo, terzo tempo...


Guardo attraverso la vetrata e vedo mio figlio in piedi che osserva affascinato quella foto alla parete dove una squadra, con divisa completamente nera, sta facendo un'antica danza tribale. Quante volte mi ha chiesto di fargliela vedere al computer. Un bambino si avvicina e lo fa ridere, poi sono tutti intorno all'allenatore. Facce sorridenti e allegria intorno ai tavoli.


Terzo tempo, terzo tempo...

Sirene e cori oltre la strada.


Terzo tempo, terzo tempo...

No, in quello stadio alla fine non ci sarà. Ne porta sì il nome, ma è solo rubato a uno sport molto più povero, che si gioca come il calcio su campi in erba e spesso di fango, con pantaloncini, scarpette tassellate e maglie con numeri, ma la palla è diversa, come diverso è lo spirito che lo circonda. Dove gli atleti non hanno paura, dove sul campo siamo solo avversari e non nemici, dove lo spirito di squadra è davvero tutto e, come dice mio figlio, si piange solo quando ci si fa veramente male. La lealtà sportiva e il coraggio la fanno da padroni, in campo si impara ad aiutarsi a vicenda a vincere e perdere insieme, senza troppe esaltazioni. Dopo si mangia uno accanto all'altro, non più avversari ma atleti di uno sport vero e sincero.

Cosa avrà spinto mio figlio a scegliere questo sport? Non lo so, ma sono contento che sia in un gruppo che oltre ad insegnargli lo sport gli insegna anche gli aspetti migliori di quello che ognuno di noi può essere.


Ancora sirene e una schiera di poliziotti che avanzano con scudi e manganelli. Cori e il primo fumogeno, grida e...


Mi volto, guardo mio figlio e mi godo il vero terzo tempo.