Krull
Autore : Andrea Donnini
2003
Uno dopo l'altra le folate di vento si rincorrevano sollevando vaste nubi di sabbia dalla pianura desertica di Floria. Il vecchio eremita sollevò la testa, assaporò l'aria e ripose i suoi attrezzi. Conosceva fin troppo bene il clima: il vento sarebbe giunto con tutta la forza distruttiva. Raccolse le foglie di carkamè e si ritirò al chiuso.
Era tutta la mattina che percepiva l'arrivo di un nuovo evento ma non poteva credere che fosse solo la percezione del cambiamento climatico. No, qualcosa stava per accadere.
Sono troppo vecchio,cosa vuoi dirmi? Non riesco più a comprendere i tuoi messaggi.
Se ne stava in piedi a cucinare, il pentolone era sul fuoco. Aveva preparato più cibo del necessario, non ne sapeva il motivo ma qualcosa gli aveva suggerito che era giusto farlo. Le assi di legno del soffitto risuonavano di un cigolio melodioso ed ogni fessura lasciava passare i primi soffi di vento. Stava per sedersi a tavola quando un rumore inconsueto lo distolse.
- Avanti straniero! - disse prima che il visitatore bussasse alla sua porta.
Una figura polverosa entrò nella sua dimora.
- Chiedo ospitalità e riparo per la notte.
- Perché chiedi qualcosa di cui conosci già la risposta?
- Non sono abituato alle vostre usanze, e scusami fin da adesso se dovessi offenderti con qualche mio comportamento. - rispose sbattendo le mani sui pantaloni cercando di eliminare la sabbia.
Le sue parole e la sua pungente voce scossero l'imperturbabilità del vecchio.
- Non sei di questo pianeta. Da dove vieni straniero?
Il giovane si tolse il cappello, il colore dei suoi occhi che tagliavano il volto coperto dalla polvere rosso fuoco del deserto furono più esaurienti di qualunque risposta.
- Un Karmelitano?
- Vedo che conosci la mia gente.
- Certo. - disse, riprendendo la sua imperturbabilità.
- Tu sei un eremita, non è vero?
- Sì, e la mia dimora è la tua dimora, il mio cibo il tuo cibo. Siediti, la cena è pronta.
Il giovane posò la sacca, si tolse il cappotto termico e si sedette davanti a lui.
- Non ho molto da offrirti, una zuppa calda e uno stufato con foglie di carkamè. Ma credo che tu preferisca una bevuta.
- Sì, grazie.
- Hai con te solo una sacca d'acqua e sembra vuota. Non vorrai dirmi che hai attraversato il deserto solo con quella scorta.
- Certo che no. Ne avevo quattro ma sono stato attaccato da un gruppo di uomini serpente. Ho perso il mio destriero, le scorte d'acqua e il cibo.
Il vecchio sorrise.
- Se gli uomini serpente avessero saputo chi era la loro vittima, non ti avrebbero certo attaccato. Li hai uccisi tutti, vero?
- Sì.
- Erano otto?
- No, sedici.
- Certo, dovevo immaginarlo. Una sola unità non sarebbe certo riuscita a farti perdere le tue bisacce.
- Vedo che sai molto su la mia gente. Io, al contrario, non so molto di voi eremiti.
- Toglimi una curiosità.
- Chiedi, se posso ti risponderò.
- Hai usato una pistola o solo le tua capacità?
- Ti rispondo come hai risposto te. Perché chiedi qualcosa di cui conosci già la risposta?
- Già, hai ragione.
La discussione finì, la cena non doveva essete disturbata dalle parole e il giovane straniero almeno questo lo sapeva.
Un schianto improvviso del vento che cercava, in tutti i modi, di penetrare all'interno, fece sollevare lo sguardo del giovane. I suoi occhi si concentrarono sull'impercettibile fessura che lasciava entrare filamenti di polvere; dopo pochi istanti l'interruzione improvvisa del vento distolse l'attenzione del vecchio per il cibo. Poi contravvenendo ogni usanza interruppe il rituale.
- Sei tu dunque.
- Come? - disse sorpreso lo straniero.
- I suoi occhi fermeranno il vento.
- Continuo a non capire vecchio, cosa vuoi dire?
- La profezia. Quale è il tuo nome?
- Sefio. Vecchio, credo che la solitudine abbia turbato la tua mente. - Disse proseguendo a mangiare.
- Finalmente, dopo seicento anni. Non pensavo di poter vedere avverata la profezia.
- Sì , sì, va bene la profezia. Ma ora mangiamo.
Il vecchio sorrise e si alzò.
- Non sono matto, ti sto aspettando da seicento anni.
Il giovane annuiva con la testa senza distoglirsi dal piatto.
Povero vecchio, la mia presenza deve averlo turbato. Meglio assecondarlo.
- Credo sia meglio parlare dopo il pasto, non credi?
- Ho la spada di Hasdur.
Le sue parole fecero sobbalzare il giovane.
- Come?
- Hai sentito bene. Io non sono quello che credi.
Il giovane guardò bene l'eremita, non sembrava più un vecchio con il volto bruciato dal sole, il suo aspetto era mutato. Si alzò anche lui dal tavolo ed indietreggiando estrasse immediatamente una spada laser dal capotto. L'accese e un sibilo luminoso comparve a pochi centimetri dal volto del vecchio.
- Dimmi chi sei se non vuoi che il tuo sangue bagni la nostra cena.
- Abbassa la tua arma straniero.
Non era sicuro di potersi fidare e mantenne la sua posizione. Il vecchio sollevò la mano e la spada svanì nel nulla. Il giovane cercò di concentrare il suo sguardo, la sua mente ...
- Non provare ad usare i tuoi poteri mentali, sarebbero totalmente inutili con me e molto probabilmente ti si rivolterebbero contro. Siediti che ti racconterò tutto, ascolta il tuo cuore e vedrai che potrai fidarti di me.
Il giovane socchiuse leggermente gli occhi cercando di percepire il fluire del male nel vecchio, ma niente sembrava far pensare a lui come ad una minaccia, tutt'altro, per una breve frazione di secondo il contatto con la mente dell'eremita regalò una serenità inconsueta nel cuore del giovane.
Si sedette in attesa delle sua parole.
- Il mio nome è Trulio, sono un sembionte. Questo è il mio ultimo corpo, è stata dura sopportare questa forma per seicento anni, ma ora la mia missione è conclusa e potrò uscire da questo involucro e raggiungere il vento cosmico.
- Ho sentito parlare di voi sembionti, ma credevo foste una leggenda. Non ho mai trovato nessuna prova della vostra esistenza.
- Io, sono l'ultimo della mia gente. Un tempo il mio popolo era in tutta la galassia, il nostro scopo era ed è combattere il male.
- Il male non può essere sconfitto.
- Hai ragione, ma lo stesso si può dire per il bene. Il male regna ovunque e il suo simbolo e artefice è Krull. Ma ora dimmi, cosa sei venuto a fare qui su questo sperduto e maledetto pianeta?
- Non so perché sono venuto, il mio pianeta è stato annientato dai demoni di Krull, mia madre e le mie sorelle uccise. Io sono riuscito a salvarmi grazie ad un amico di mia madre che mia ha condotto su una piccola astronave mercantile. Una notte ho fatto un sogno, una voce mi chiamava e mi diceva di venire qui, di scalare le alte montagne di Floria e di cercare la mitica spada di Hasdur. Non so perchè ma ho creduto alla voce e sono qui.
- Hai fatto bene, qui troverai l'unica arma che può sconfiggere il male. Il male è Krull e lui adesso è qui nell'Antico santuario. Finalmente la conclusione di tutto.
Gli occhi del vecchio risero di gioia. Sollevò le mani al cielo e quello che c'era non esistette più: niente casa, niente tavolo, niente di niente, solo luce.
Dalla sua bocca uscirono parole incomprensibili, il suo corpo si dissolse nella luce. Solo una sfera vivente d'energia. Il giovane non sembrava turbato da tutto ciò: il suo spirito gli diceva che tutto doveva succedere a quel modo.
- Sefio, avvicinati. Non ho molto tempo.
La sfera d'energia cambiò nuovamente forma. Una protuberanza accecante puntava dritto al giovane.
- Prendila, questo è ciò che ho tenuto nascosto per tutti questi secoli. Usala con saggezza, il suo potere risiede nella mente e nel cuore di chi la brandisce.
Sefio allungò la mano, afferrò il fascio di luce e tutto svanì.
Ora impugnava una spada laser dal semplice aspetto: niente ornamenti, nessun congegno. A prima vista sembrava quanto di più economico si potesse trovare sul mercato di Giuve. Socchiuse gli occhi e ... sì, riusciva a percepirne tutta la forza. L'allacciò alla cintura e si rimise seduto. Terminò in completa solitudine il pasto.
Riprese il cappotto termico, indossò il cappello ed uscì. Un possente destriero, un giovane esemplare di savello lo attendeva legato alla staccionata era sicuro che al suo arrivo non ci fosse ma poteva tornare utile e meglio non porsi troppe domande. Gli diede una ciotola con acqua che l'animale deglutì immediatamente. Niente vento, il cielo sereno e un lungo percorso ad attenderlo
Prima di oltrepassare la collinetta a sud si voltò: un colpo di vento sopraggiunse dal cielo perpendicolarmente alla fattoria, la sua forza era del tutto innaturale: la casa, i campi coltivati e tutto il resto furono spazzati via. Il vento rimbalzò sul terreno riportando in cielo tutto ciò che aveva toccato. Per un istante quell'ammasso di detriti e polvere prese la forma del volto sorridente del vecchio. Sefio contraccambiò il saluto.
Ora sapeva dove andare e cosa fare
Seguì per alcune ore il sentiero. L'alta vetta di Moli era davanti a lui. Oramai si potevano vedere ovunque i primi arbusti del bosco sacro di Floria. Tra non molto la luce del giorno si sarebbe attenuata per far posto alla notte se di notte si poteva parlare: le vicine stelle Aldariane fornivano una soffusa luce perpetua al pianeta.
Decise di fermarsi, il suo savello era stanco.
Riposati caro amico, domani arriveremo alla meta.
Per un attimo gli sembrò che la bestia avesse sorriso alle sue parole. Puntò il suoi occhi fluorescenti sull'animale. Niente non percepiva alcuna sensazione.
- O sono stanco o tu, strano animale, sei protetto da qualcuno. Domani mattina indagheremo meglio.
Accese un fuoco e si sedette su una pietra levigata.
- Ehi, stai attento!
Il giovane sobbalzò, brandì la spada laser. Sollevò leggermente il cappello e si guardò attorno.
- Dove stai guardando? Sono qui.
Solo allora si rese conto che era la pietra a parlare.
- Sei un Pielo? Avevo sentito parlare di voi.
- Certo che sono un Pielo. Ma tu chi sei? Sono decenni che nessuno viene da queste parti.
- Io sono il Fato, sono il destino dell'Universo.
- Tu sei un pazzo. I guardiani del Satuario di Moli ti individueranno presto. Krull non vuole visitatori.
- Che sai del Santuario?
- Niente, so solo che non è bene andarci e per di più da soli.
Il giovane spense la spada si sedette a terra. Estrasse un medaglione e cominciò ad intonare una struggente melodia.
- Ehi, falla finita. Sei venuto fin qua per disturbare noi poveri pieli?
- Non è bene disturbare una preghiera.
- Mi dispiace, a me sembrava più un lamento di chi si sente male.
- Dimmi strano essere, che ne sai dei guardiani del Santuario?
- Niente, so che non ti lasceranno avvicinare.
Il giovane sorrise e riprese ad intonare la stessa melodia. Un improvviso scricchiolio ed era nuovamente in piedi la spada sguainata. Un fendente preciso alle sue spalle come se avesse gli occhi sulla nuca. A terra un corpo di pietra o meglio la pietra stessa. Altre presero sembianze corporee: esseri di pietra erano intorno a lui. Uno, due, ne contò sei. Lo scontro si risolse in un attimo. La spada di Hasdur si mosse come se avesse una propria anima colpendo con precisione.
- Krull, aspettami. Se queste sono le tua guardie ci vedremo molto presto.
Il suo fu quasi un grido rivolto alla montagna.
Prese un bastone e fece alcuni disegni sul terreno fino a formare un vasto cerchio che circondava lui e il savello. La spada di Hasdur conficcata nel terreno e un lampo sferico che li circondò per un raggio di dieci passi.
Ora possiamo dormire tranquilli.
La bestia si spostò leggermente cercando il contatto con il giovane.
- Hai paura? Non temere, ci sono io a proteggerti.
I due si assopirono, i loro corpi erano talmente vicini da sembrare quasi un tenero abbraccio.
I primi raggi di sole lo investirono che era già molto lontano. La sua bestia si muoveva rapida verso l'ingresso del bosco.
Un pianto straziante e delle grida riecheggiarono vicino a loro. Mosse il savello verso destra, aumentò la velocità. Un uomo e una donna che teneva per mano due graziose fanciulle, attorno a loro tre demoni.
No! Non può essere.
- Padre, madre ! Siete voi?
- Aiutaci. Aiutaci.
Scese di sella. Stava per scattare verso di loro quando il savello lo addentò alla cintura strattonandolo a terra. Sefio si trovò sdraiato, quegli istanti diedero il tempo alla sua mente di scacciare le emozioni.
No, sono morti! Questa non è la realtà.
- Aiuto! Sefio, aiutaci!
Il grido di sua madre soffocato dalla spada del demone che le tagliava la gola. Un altro demone lo guardò dritto negli occhi aveva tra le mani sua sorella la dolce Fluminia. Lo vide affondare le mani nel suo corpo ed estrale il cuore pulsante.
Il giovane si voltò e rimonto sul savello. In quello stesso istante le immagini svanirono lasciando spazio alla realtà: niente persone, niente demoni, solo un burrone senza fine a pochi metri da lui.
Krull pagherai anche per questo.
Poi chinandosi
Il suo cammino proseguì e dovette sguainare molte volte la spada di Hasdur ed ogni volta i nemici diminuivano di numero ma aumentavano in abilità. Era oramai giunto alle pendici della vetta. Il Santuario era ora ben visibile.
Tolse la sella alla bestia liberandola da ogni attrezzo.
- Vai, sei libero. Non mi servi più.
L'animale corse via poi si arrestò in modo repentino, si voltò, guardò il giovane e si trasformò. Il suo corpo era ora quanto di più bello ed aggraziato potesse esistere: una giovane fanciulla dai lunghi capelli color del cielo, una Ninfa.
Sefio stava per dirle qualcosa ma era orami sparita nel fitto del bosco.
Si tolse il cappello, il cappotto, accese la spada fissandola bene alla cintura e cominciò la sua arrampicata.
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