Il mobile
anno 2004
Autore: Andrea Donnini
- Finalmente. Era l'ora che ci decidessimo a comprarlo - mi dice scendendo dalla macchina.
Se non l'accontentavo mi avrebbe tormentato per tutta l'estate. Sempre accontentare le donne.
- Siamo sicuri che dentro questa scatola ci stia un mobile smontato? - Mi domando a voce alta aprendo il bagagliaio. - Mi sembra un po' troppo piccola.
- Sentimi bene, non cominciamo con la solita storia.
- E chi ha detto niente, era solo una considerazione. Dammi una mano, dai.
Prendo la voluminosa scatola, lei mi aiuta prendendola dalla parte opposta. Mi torna subito alla mente Stanlio e Olio nella puntata del pianoforte.
Ultimo piano, bello ma...
Le scale sembrano interminabili e più strette del solito. Batti a destra, scansa la pianta, inciampa nello zerbino del vicino di casa.
- Cavolo, sembra d'essere a Giochi senza Frontiere - dico muovendo il busto a destra e sinistar come uno sciatore.
- Smettila! Non farmi ridere altrimenti casca.
- La sai l'ultima sui carabinieri?
- Falla finita.
Arriviamo al pianerottolo; con la sinistra e l'aiuto della gamba sostengo la scatola e la mano destra a cercare le chiavi di casa.
- Le chiavi, dove le ho messe? - la mano che si muove da una tasca all'altra come una perquisizione, niente. - Porca troia! Le ho lasciate in macchina.
Lei trae un profondo respiro e mi guarda come se... per fortuna non ha nessun'arma in mano.
- Appoggiamo la scatola, ti aspetto.
- Vado subito a prenderle - mi precipito di corsa giù per le scale.
Fanculo agli zerbini - penso recuperando l'equilibrio all'ultimo secondo.
- Andrea ! Andrea! Le ho io le chiavi della macchina.
Arisali le scale di corsa. Riscendi, di nuovo la maledizione dello zerbino, apri la macchina prendi le chiavi e su sempre di corsa.
- Accidenti a quando abbiamo deciso di tornare all'ultimo piano.
Lei guarda il soffitto, oramai ha rinunciato a dire qualcosa. Apro la porta e trascino dentro lo scatolone.
-Miaoooooo
- Fanculo ai gatti! Sempre nel mezzo.
- Se tu stessi attento! - Disse lei un po' esasperata. - Guarda dove metti i piedi. È venuta all'ingresso a salutarci.
Rimango del mio parere su i gatti e me ne vado subito in cucina a prendere un coltello, lei è già in camera.
- Cambiati prima di cominciare!
Dovevo aspettarmelo.
- Ah, sì, vengo subito.
- Non capisco come fai a fare le cose vestito così, poi ti sporchi e chi lava?
- Va bene, ho detto che mi cambio. Se peggio della mi mamma.
Lei non risponde. Mi cambio alla velocità di un razzo e esco prima che possa dirmi qualcosa riguardo ai vestiti abbandonati sul letto.
- Non è che ce la fai da solo? Io quasi quasi esco a fare la spesa.
- No, no. Bisogna essere in due e poi che cavolo hai da comprare?
- Tutto, che mangiamo stasera?
- Qualcosa si fa. Al limite uno spaghettino.
- Sì, sì. D'accordo, se facciamo presto esco dopo.- Risponde e mi raggiunge in terrazza con un velo di rassegnazione stampato sul volto.
Tutto è pronto: lo scatolone già aperto e la cassetta degli attrezzi, che non ho il coraggio di guardare perché sono già sicuro che mancherà il cacciavite appropriato. Lei è vicino a me, se ne sta in piedi appoggiata al muretto della terrazza e mi guarda mentre sto cominciando a leggere le istruzioni.
- Cazzo! Non sono in italiano.
Sento il rumore di un foglio sventolato, mi volto e vedo la sua mano che me lo porge.
Brucole, viti, tappi e...
- Mancano le viti!
La guardo e lei fa un cenno rivolto a una terza persona che non c'è come dire: - Hai visto? Che ti dicevo?
- No, eccole qui - tiro un respiro di sollievo. - Le avevano nascoste tra i piani.
Comincio ad assemblarlo: piani, staffe, brucole. Procede tutto alla perfezione. Lei se ne sta lì ferma a guardarmi, le braccia incrociate e lo sguardo perso nel cielo che comincia a imbrunire.
Sono quasi alla fine quando la sento vicino all'orecchio.
No, sono arrivate! Lo sapevo, lo sapevo!
- Chiudi che cominciano a entrare!
- E basta! Ancora con queste zanzare.
- Lo vedi ? - Mi do uno schiaffo sulla zucca pelata, uno sulla coscia. - Maledette! Maledette! Chiudi ti ho detto.
- Basta me ne vado dentro - dice allontanandosi e masticando qualche imprecazione.
- Fai pure basta che chiudi la finestra o tiri giù le zanzariere.
La vedo sedersi a bere qualcosa. Vorrei interrompere ma non posso dargliela vinta: non mi farò intimidirmi da queste bestiacce. Passano i minuti tra schiaffi, bestemmie. Ne schiaccio a decine.
Inutile che ci proviate, non mi farete smettere!
Continuo con gli ultimi pezzi, imprecando contro tutto e tutti: Manca un pezzo! Accidenti a chi scrive queste istruzioni! Ma porca troia non tornano i pezzi... e tante altre frasi che lei mi ripete a memoria.
Che io sia un tipo ripetitivo?
Alla fine mi alzo e le mostro da dietro la zanzariera il mobile montato. Ho le gambe e la faccia rosse per gli schiaffi che mi sono dato, ma ne ho uccise molte, una vera strage.
Lei sorride, sono quasi le otto di sera.
- Metti su l'acqua? - le chiedo entrando quasi a passo di leopardo per non sollevare troppo la zanzariera.
- Già fatto amore, vai a lavarti che tra poco si mangia.
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