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Titolo: VIAGGIO NELL'OGGI CHE SARÀ

Autore: Andrea Donnini Dicembre 2004



Andrea era rientrato a casa da pochi minuti. Gaia lo attendeva in cucina con la piccola Giulia.

- Che faccio? Butto gli spaghetti o aspetto? - Gridò Gaia.

- Butta butta! Mi lavo le mani e vengo.

La cena fu come sempre, un capriccio dopo l'altro.

- Non ho fame! - Piagnucolò Giulia.

- Mangia, altrimenti ti porto dal dottore - Gaia stava già per perdere la pazienza.

- Dai, tre bocconi e basta - propose Andrea.

- Due e poi i gelato! - contrattò Giulia.

- Se mangi questi dopo... ma porca... possibile ogni sera la stessa musica. Andrea digli qualcosa te!

Sì, una serata come sempre - pensò Andrea.

Una mezz'ora di cartoni animati e a letto. Andrea se ne stava al computer mentre Giulia e Gaia dormivano da un pezzo. Aveva scaricato un programma e cercava di capirne il funzionamento. Niente da fare solo luci e immagini indefinite. Rinunciò, stava per alzarsi quando arrivò la solita fitta alla testa.

Porca puttana, anche stasera. Meglio prendere qualcosa.

Spense il portatile e andò in cucina. Passando davanti alla porta di camera rimase ad ascoltare: sembrava una gara a chi russava più forte. Sorrise ma il dolore aumentò. Una Cibalgina, un sorso d'acqua e...

Ma cosa?

Un dejaveu: lui in cucina della casa dei genitori che beveva una birra. Si ricordava bene quella sera, era la fine del liceo, poche ore prima la sua ragazza l'aveva mollato.

Com'ero scemo a quell'età. Mi facevo un sacco di seghe mentali e poi... - pensò guardando moglie e figlia. - Come dice Forrest Gump, la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai cosa ti aspetta.

Un'altra fitta questa volta più intensa, la vista si offuscò. Buio, silenzio.


Luce!

- Allora che facciamo? Andiamo al piazzale?

Era alla guida della vecchia golf, ma non era vecchia era nuova fiammante.

Ma che cavolo succede? Sto sognando?

- Andrea, che hai? Mi senti?

Paola?

Guidava con la sua ex ragazza seduta accanto.

- Ci sei? Sei ancora arrabbiato?

- Arrabbiato?

Ma sì, ricordo bene questo giorno.

- No, Paola tutto bene. Che sogno strano.

- Sogno? Ma che fai, dormi a occhi aperti? - Chiese lei ridendo.

Si avvicinò per baciarlo ma lui si ritrasse.

- Che hai?

- Niente, non mi sembra il caso.

- Non ti sembra il caso che baci il mio ragazzo? - chiese Paola.

- Ma noi non stiamo insieme. Io sono sposato.

- Uffa! Sei sempre il solito? Falla finita di vedere Star Trek.

- Ma io ho trentanove anni, sono sposato con Gaia e ho una figlia di tre anni e...

Cominciò a guardarsi attorno: la strada, i vestiti e la musica. Era la vecchia cassetta di Baglioni. Uno sguardo allo specchietto.

Porca puttana, i capelli!

Si passò una mano sulla testa, sì erano capelli veri, i suoi.

- Magari ora mi dici che provieni dal futuro - disse Paola incerta se ridere o preoccuparsi.

Ricordo tutto, com'è possibile? Ora passerà un autobus a tutta velocità. Eccolo. Ora un cane abbaierà. E se non stessi sognando? Se fossi veramente piombato nel passato?

Si morse con forza la lingua: dolore, troppo intenso per un sogno.

Un attimo di panico, guardò più volte Paola.

- Paola, io...

- Amore che hai? - Chiese lei accarezzandolo e baciandolo su una guancia.

- Non sto sognando. Sono tornato nel passato.

- Andrea, falla finita.

- Non mi credi? Guarda! Ora quel vecchietto cadrà - disse Andrea indicando alla loro destra.

Un signore sulla settantina cadde dal marciapiede.

- Quella Ritmo rossa suonerà alla ragazza in bicicletta.

Esatto anche questo.

Paola non riusciva a dire niente. Sapeva che Andrea amava fare degli scherzi, ma in questo caso sembrava troppo.

- Paola, ti giuro che è tutto vero. Ora in Viale Giannotti vedremo tua sorella e... - guardò a sinistra - quel cane piscerà al palo della fermata.

Paola allontanò istintivamente la mano dalla gamba di Andrea.

Cazzo faccio, voglio tornare da Gaia e da Giulia. Non posso aspettare vent'anni e poi... cazzo, se è vero potrei fare di tutto. Fare anche un sacco di soldi ed evitare l'incidente. Andrea ragiona, se è vero è anche pericoloso, se io sono qui l'Andrea del passato dove si trova? Sono forse io stesso? Due in uno? Di solito, nei film o nei libri, c'è sempre un motivo per il ritorno al passato.

Questi ultimi pensieri uscirono dalla sua bocca.

- Paola, mi credi?

- Non capisco, forse sai solo quello che sta per accadere, forse sono solo sensazioni. Non è che mi stai facendo uno dei tuoi soliti scherzi?

- No! - Andrea sorrise - Vengo dal futuro. Cavolo posso guidare meglio la mia vita, evitare gli sbagli e... Giulia!

- Giulia?

- Sì, mia figlia. Ha bisogno di me.

La mente frullava, in un attimo rivide decine di telefilm sui viaggi nel tempo, libri, articoli.

Non posso, se cambio qualcosa... porca troia, se altero il passato il futuro cambia. Potrei morire, potrei non sposarmi con Gaia e non avere Giulia. Come faccio a ricordarmi tutte queste cose? Di questa giornata nel futuro ho solo dei deboli ricordi.

Paola era silenziosa, lo guardava incerta se interrompere o no i suoi pensieri.

Certo, forse nella mia mente questi ricordi esistono ma non riesco ad accedervi. Mi sembra di aver letto qualcosa a riguardo.

- Paola, io non posso cambiare niente.

- Andrea, scusa ma non ti capisco.

- Sentimi bene, se io altero qualcosa anche il futuro cambia.

- In che senso? - Chiese Paola.

- Metti caso cambio strada e passo dal Viale Europa. Nel passato che conosco siamo passati da Via di Ripoli e non ci succede niente, andiamo al Piazzale e poi a mangiare una pizza. Se invece passando dal Viale Europa veniamo coinvolti in un incidente?

- Andrea, smettila. Mi vuoi dire che hai? Dimentichiamo tutto e andiamo in un posto tranquillo.

Nessuna risposta, Andrea continuava a perdersi in quei ragionamenti temporali.

Arrivarono all'incrocio e c' era l'incidente che aveva previsto. Viale Giannotti e sua sorella che la saluta. Paola contraccambiò il saluto e rimase a bocca aperta. Istintivamente si ritrasse da lui, gli lasciò la mano come se stesse con un estraneo.

Ecco che nella mente di Andrea scattò qualcosa: un ricordo chiaro, qualcosa che ricordava alla perfezione di quel pomeriggio. Paola avrebbe detto una frase che nella sua mente non sarebbe mai più stata cancellata. Era quello il punto, la guardò ma Paola rimase in silenzio.

Non l' ha detta, non l' ha detta! Cazzo! Ho già fatto un pasticcio: ho cambiato il passato. Devo rimediare e subito.

- Andiamo al Piazzale? - Propose Andrea. - Ora va meglio. Non ho più nessuna premonizione.

Devo tranquillizzarla, farle dimenticare quello che ho detto.

- Sei sicuro?

- Certo. Scusami.

- Come mai hai pensato di essere sposato con Gaia e non con me? Devo essere gelosa?

- No, forse... insomma, ieri sera sono uscito con Stefano e Matteo, sai il giro delle sette birrerie.

- Mah. Crediamoci. Però mi hai fatto paura.

Devo riportare il discorso su quello che doveva essere.

- Ti dispiace se siamo venuti via? - Chiese Andrea.

- No, anzi.

- Mi sono rotto, tutte le volte che usciamo con loro non ci decidiamo mai a far niente.

- A me, di uscire con i tuoi amici non mi dispiace, ma alcuni... mi stanno proprio sull'anima.

Bene, ci siamo quasi.

- Delle mie compagne di scuola che ne pensi? - Chiese Andrea.

- Insomma. Così e così. Se non stessi con me, ti vedrei bene solo con una.

Perfetto!

- Con chi?

- Con Gaia, ma dopo quello che hai detto prima non so se mi sta ancora simpatica.

Andrea rise cercando di mettere tutto sullo scherzo. Decise di procedere come ricordava, andarono al Piazzale. Camminavano mano nella mano, parlarono e si baciarono. Andrea rimase turbato dalle sensazioni che provò: Paola era un'amica, ma quello che si erano dati... si sentì in colpa.

Com'ero scemo e infantile - pensò. - Ha fatto proprio bene a mollarmi. Ero uno stupido.

Il pomeriggio scivolò via senza inconvenienti. Tutto sembrava procedere nel modo giusto.

Tornò a casa e provò un piacere enorme: la mamma, il babbo, il fratello e tutte le sue vecchie cose.

Passò la serata a studiare ma sembrava inutile, sapeva già tutto. La mente anticipava ogni fatto con precisione. Era troppo frastornato, non riusciva a capire. Decise di dormire.

La mattina seguente scese in garage e prese la vecchia Vespa ET3, cercò d'istinto il casco ma si ricordò che all'epoca ne aveva solo uno quasi nuovo in casa. Arrivò a scuola in perfetto orario e la vide. Gaia era davanti a lui intenta a parlare con altre ragazze.

- Ciao Gaia.

- Ciao Andrea.

La fissò a bocca aperta. Avrebbe voluto abbracciarla.

- Che hai? Chiudi la bocca che ti entrano le mosche! - Lo canzonò lei.

- No, niente. Scusa. Pensavo.

Lei sorrise e riprese a parlare con le amiche.

Il compito di matematica fu una pura formalità, sapeva tutto ma doveva fare almeno due errori. Cercò di agire così, come ricordava che doveva accadere. Non riusciva a fare a meno di guardare Gaia. Per un attimo gli venne da ridere al pensiero di dirle il futuro: lei e lui sposati e con una figlia. Lei gli avrebbe dato del matto.

Tornò a casa, era solo e doveva trovare una soluzione. I ragionamenti si contorcevano su se stessi: erano un esercizio di logica senza soluzione. Il futuro esisteva? Dove era l'Andrea del passato? Aveva forse preso il suo posto?

Il problema era uno solo: cosa aveva innescato quel viaggio?

Ma certo! Il programma al computer. Lo schermo aveva brillato più volte, quegli strani simboli, non erano un virus o caratteri a caso. Sì, deve essere quella la causa. L'avevo scaricato da un sito russo. Devo trovare il sito che ... ma che sito. Internet non c'è. Come posso fare? Non posso rivivere tutta la mia vita. Prima o poi cambierei qualcosa. Giulia, Gaia... devo tornare, devo trovare il modo. Paola, prima o poi se ne accorgerà, non posso continuare a fingere. Ci lasceremo solo tra otto mesi.

Lo squillo del telefono interruppe quei pensieri.

- Pronto?

- Ciao amore.

- Ciao Paola.

- Tutto bene? Com'è andato il compito?

- Ah, sì, il compito...

- Che hai?

- Niente. Puoi uscire?

- Sì ma alle sette devo tornare a casa.

- Va bene, vengo via subito.

- Ti voglio bene Andrea.

- Anch'io.

Devo dirlo a Paola, forse capirà. Forse potrebbe essere anche lei la chiave di tutto ciò. Quando ho lanciato il programma pensavo a lei e a Massimo, Gaia li aveva invitati a cena per la prossima settimana e ... ma certo, sembra impossibile ma il programma potrebbe aver letto la mia mente e captato un pensiero rivolto alla frase di Paola.


- Ciao Andrea.

- Ciao Paola.

Si baciarono ma lui non riuscì a farlo in modo naturale.

- Che hai?

- Niente Paola. Devo dirti una cosa. Andiamo in un posto tranquillo.

Erano seduti su una panchina in riva all'Arno. Andrea era deciso a tornare al futuro a costo di rischiare tutto.

- Allora? Che hai da dirmi? - Sussurrò lei intimorita.

- Ti ricordi ieri? Quei discorsi sul futuro.

- Dai, non ricominciare.

- Mi dispiace, ma è vero. Io provengo dal futuro.

- Dai, smettila. Perché ti inventi queste cose? Vuoi mollarmi? - La voce di Paola era quasi rotta dal pianto.

Andrea le prese le mani e la guardò fissa negli occhi, lei notò qualcosa di diverso e si mise a piangere.

- Dai non piangere, ti prego.

- Mi vuoi lasciare, l' ho capito. I tuoi occhi, il modo in cui mi guardi. Non mi ami più.

Non doveva andare così. Andrea non sopportava vederla piangere. Le voleva bene, sì era vero che non l'amava ma era pur sempre la sua migliore amica, una persona speciale. Doveva convincerla.

- Paola ascoltami, smetti di piangere. Non sopporto vederti così, ti voglio bene.

- Perché? Dimmi solo perché - singhiozzò Paola.

- Perché non sono l'Andrea che credi tu. Vengo dal futuro. Ti giuro che è vero. L'Andrea che dovrebbe essere qui ora con te, non si sognerebbe mai di mollarti, ti ama e anzi sarai tu a lasciarlo tra alcuni mesi.

- Vaffanculo. Sei uno stronzo!

La prese stretta a se, lei cercò per un attimo di liberarsi ma poi ripiombò nel pianto e cercò conforto nel suo abbraccio.

Dai Paola, non piangere.

- Paola, ascoltami. Ti chiedo solo di venire con me.

- Do-dove vuoi portarmi?

- Fidati. Se mi ami ti chiedo di aver fiducia in me per le prossime ore.

Andrea aveva ricordato due importanti avvenimenti di quel pomeriggio: un incidente e un omicidio. Paola si lasciò convincere a seguirlo. Tutto avvenne come previsto.

- Paola, se vuoi posso dirtene ancora.

- No, basta! - Disse lei poggiandogli la mano sulla bocca. - Basta. Io... io rivoglio il mio Andrea.

- Se trovo il modo di tornare al mio tempo l'Andrea che vuoi sarà qui o forse è già qui.

- Come, cosa intendi?

- Non lo so. Può darsi che io sia due in uno. Forse la personalità e la mente di Andrea del futuro, cioè io, ha preso il sopravvento o forse... non lo so. Non riesco a trovare un filo logico. L'evento scatenante è stato un programma scaricato da Internet e l'ho avviato mentre pensavo a te.

- Internet? Pensavi a me? Allora siamo amici nel futuro? Cosa... cosa succederà?

- Non so se faccio bene a dirtelo ma... va beh, ormai. Tra pochi mesi mi lascerai.

- Ti lascerò? Perché dovrei farlo?

Andrea sorrise.

- Perché non siamo fatti per stare insieme. Dopo, specie per me, sarà dura ma rimarremo buoni amici. Non ci vedremo spesso ma... - continuò a raccontare quello che sarebbe accaduto tra loro. Fino al futuro che conosceva: vent'anni avanti. - Quella sera Gaia ti telefona e ti invita, con Massimo, a cena per il fine settimana. La sera stessa penso a voi due mentre sono al computer, avvio un programma ed eccomi piombato qui.

Paola aveva ascoltato silenziosa. Voleva piangere ma forse era la curiosità a non permettergli di farlo.

- Almeno... siamo amici? - Chiese lei sorridente.

- Certo, due ottimi amici.

- Che cosa pensi di fare?

- Non lo so. Mi ricordo soltanto delle lettere, delle strane parole comparse a schermo. Strani bagliori a mano a mano che leggevo le frasi. Credo che dovrei ricreare la situazione e pensare a Gaia che dorme con Giulia.

- Scusami, non riesco a seguirti.

- Lo immagino, non ci capisco niente neppure io. Avrei bisogno di un computer.

- Mio fratello ha il Commodor.

Andrea sorrise, che se ne poteva fare?

- Dovrei contattare il sito russo da dove ho scaricato quel programma, sito che chiaramente ancora non esiste.

- Sito? In Russia?

- Lascia stare. Forse c'è un'altra soluzione. Quel programma mi era stato consigliato da un amico di chat. Se non sbaglio è di Firenze.

- Allora andiamo da lui - propose Paola.- Sai come si chiama?

- Solo il nome: Gianfranco. Ha la mia stessa età.

- Non sai altro?

- So che lavora per l'Università, ma ora ha diciannove anni, come faccio a sapere... un momento. La moglie. Ma certo. Ha un nome strampalato.

- Che nome?

- Ofelia Grimaldelli, non posso scordarlo - sorrise Andrea. - Non credo ce ne siano tante.

- La conosco! - Esclamò Paola.

- La conosci? Chi è?

- Una compagna di scuola di mio fratello.

- Chiamalo e fatti dire se ha il numero.

Andrea si mise la mano nella tasca interna del giubbotto per cercare un impossibile cellulare.

- Andiamo alla cabina telefonica - disse Andrea.

Una breve telefonata al fratello, poi una a Ofelia e in pochi minuti avevano l'indirizzo di un certo Gianfranco Mezzani, compagno di scuola di Ofelia e autentico genio in elettronica. Presero la vespa e andarono a casa del ragazzo. Gianfranco fu molto gentile, li fece entrare e gli offrì qualcosa di caldo.

- Allora? Che cosa posso fare per te?

Andrea provò a raccontargli tutto, pensava che lo prendesse per matto e invece...

- Stupendo, un viaggiatore del tempo!

- Non proprio viaggiatore, diciamo naufrago.

- Quindi io nel futuro ti invio un programma.

- No, mi dici solo dove trovarlo. Poi applico un tuo file e succede l'irreparabile.

- Strana coincidenza. Ho trovato da un rigattiere un vecchio testo esoterico che parla delle deformazioni temporali.

- Lo hai con te?

- Sì, un attimo che lo prendo.

Paola percepiva qualcosa di diverso, forse era pura suggestione ma sentiva Andrea come un semplice amico.

- Eccomi. Stavo cercando di capire il significato di quest'iscrizione.

- È lei! - Esultò Andrea - È la scritta che è comparsa a schermo.

- Sei sicuro?

- Sì. Solo che le parole erano messe in ordine inverso e in diagonale.

Gianfranco schizzò come punto da un'ape.

- Ma certo.

Accese il computer, anche lui un Commodor 64 con attaccata una strana cassetta metallica. Pochi minuti e a schermo comparve la scritta.

- Era così?

- No, la fila di sopra era scritta con carattere doppio e delle linee azzurre collegavano le vocali altre rosse le consonanti.

Gianfranco era incollato alla tastiera.

- Così va bene?

- Sì, solo che lo sfondo era di un viola scuro e...

- Non credo sia importante lo sfondo.

Gianfranco seguì le linee con il dito e prese nota su un foglio.

- Andrea, se questo è quello che penso, abbiamo la chiave.

- Che chiave?

- Il libro narra di un'antica civiltà custode dei flussi temporali. Dice testualmente: la chiave scandita davanti a fiamme leggerà il tuo pensiero e ti condurrà dove e quando vuoi...

- Ma allora...

- Certo! - Esclamò eccitato Gianfranco - hai letto la frase, quindi la chiave, davanti a uno schermo che brillava, quindi le fiamme e pensando a Paola e al giorno che disse la frase hai innescato il viaggio.

- Sembra troppo semplice.

- Lo scopriremo presto. Abbiamo la chiave e fare in modo che lo schermo emetta forti segnali luminosi non sarà certo un problema. Preparo tutto in un paio di minuti.

Andrea si voltò verso Paola e sorrise.

- Tra poco ci lasceremo, spero che torni il tuo Andrea.

- Non potrà mai essere come prima - sussurrò senza guardarlo.

Una lacrima le solcò il volto. Non disse più niente. Non sapeva cosa dirgli e come salutarlo.

- Ci sono, tutto pronto.

Andrea lesse la chiave, lo schermo brillò e un lampo improvviso avvolse la stanza. Era ancora lì ma adesso c'era un nuovo personaggio. Davanti a loro un uomo vestito di celeste, un bracciale dorato sopra il gomito e uno sguardo rassicurante.

- Vi ho trovato. Finalmente.

- Ma chi ...?

- Sono il Custode. Avete rischiato di alterare il flusso. Per fortuna vi ho fermato in tempo. Sei tu il viaggiatore?

- Sì so-sono io - balbettò Andrea.

- Tutto tornerà come prima.

- Ma loro? - chiese Andrea.

- Dobbiamo andare, ti accompagnerò. Il ritorno non sarà come l'andata.

Il bagliore lo fece svenire. Un istante e si trovò in un luogo immateriale, circondato da luci, e linee luminose a non finire.

- Dove siamo?

- Non riusciresti a comprenderlo. Diciamo che siamo nel tempo. Io sono il Custode, controllo e limito le alterazioni temporali. Ogni tanto qualcuno viola il patto e viaggia nel tempo. Questo è il mio lavoro.

- Il tuo lavoro? - chiese Andrea. - Ma da quanto tempo...

- La parola tempo non ha senso qui. Io sono qui da sempre e da un solo istante. Devo sorvegliare fino a quando non sarò sostituito.

Andrea rimase incantato alla vista di quello spettacolo infinito. La mente trovava difficoltà ad accettare quell'immagine. Un fascio luminoso che si apriva a ragnatela in un'infinità di altri ammassi luminosi, alcuni sparivano altri si univano. Troppo complesso per essere accettato: quello che vedeva era l'infinito. Al contrario della logica, l'infinito si riduceva per tornare a essere un unico fascio. Andrea ebbe un attimo di sbandamento, quasi una nausea.

- Quello che vedi è il tempo della tua gente - disse il Custode. - Ha un inizio e una successiva fase di infinite possibilità temporali. Tutte portano all'autodistruzione, solo una porta all'evoluzione umana.

- Tu sai dove riportarmi? Potrò tornare al mio futuro? Ho alterato qualcosa? Il libro e...

- Basta parlare, preparati.

Il Custode sorrise e attivò il bracciale.


Buio. Un forte dolore alla testa.

Luce! Era quella del comodino di Gaia.

- Andrea! Andrea, che hai?

- Sono tornato! - Urlò felice.

- Stai zitto che svegli Cosimo - sussurrò Gaia.

- Cosimo? E chi è?




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