Strip Frike

di Andrea Donnini

Maggio 2006


----- * --------




Paura, ecco cosa provava una donna davanti alla mia identità, ecco perché quella sera non svelai chi fossi. Quella era la sera della trasfigurazione finale: trovare una donna e farci l'amore, non dovevo pensare ad altro.

Sembrerà strano ma ero ancora vergine. Era stato mio padre ad annunciarmi che era giunto il momento. Mi aveva salutato dandomi una pacca sulla spalla. La porta si era chiusa dietro di me, ero in strada e non avevo paura, ero sicuro, l'avrei fatto. Per un istante ebbi la tentazione di voltarmi. Avevo trascorso la vita ad apprendere: libri, filmati, l'intera Rete a disposizione; ora dovevo fare l'ultimo passo per la maturità. Sì, come diceva mio padre, dopo sarei diventato un uomo.


Sono per strada, è tardi, la mia meta è il pub lo "Spazio libero": una decina di tavoli, un proprietario ex tossicodipendente e un cameriere punk di nome Nio. Occupa il piano terra di una costruzione d'angolo sulla Piazza Garibaldi. Mi piace andarci per la bizzarra clientela che ci trovo. Per la maggior parte studenti e insegnanti della vicina Università od operai turnisti della vecchia fabbrica oltre il lago. Curioso come due classi sociali così diverse riescano a prendere contatto davanti a una birra.

Questa sera devo agire con giudizio, anche se la teoria non mi manca, nella pratica, ci può essere sempre l'imprevisto. Non puoi mai sentirti sicuro quando si tratta di donne e sesso.

La strada è deserta, un leggero vento solleva fiumi maleodoranti dal vicolo oltre il ponte.

- Vattene via figlio di Satana!

Una vecchia signora, il volto coperto di sporcizia, che mi grida da dietro un contenitore di rifiuti.

Mi volto per essere sicuro che dica proprio a me.

- Non far finta di niente - continua a gridare facendo strani gesti con le mani e strabuzzando gli occhi in un ghigno innaturale. - Vade retro!

Perché mi dice questo? Deve essere un'ubriacona.

La saluto sorridente, continuo a camminare e a pensare. Penso sempre, non riesco a smettere. Una volta mio padre mi ha chiesto se fossi felice ma non riesco a distinguere la felicità dal resto, la vita sembra un continuo vortice di eventi che non mi lasciano il tempo e la capacità per guardare in me stesso e capire. Mio padre ha provato a infilarmi in testa che cosa sia la felicità ma è stato inutile. Se c'è qualcosa di astratto, è proprio la felicità stessa, ancor più dell'amore. Quest'ultimo non è altro che un mezzo per raggiungerla. Mi piace pensare alla felicità così come diceva Camus: "Non sarai mai felice se continui a cercare in che cosa consista la felicità".

Ora basta pensare, devo concentrarmi, non posso fallire.


Entrai nel locale, i miei occhi avevano già contato e riconosciuto i presenti. Per la maggior parte erano donne ma anche qualche curioso individuo che non avevo mai visto.

Mi sedetti al bancone e ordinai una birra. Mi affascinava quel rituale, seduto su quello sgabello ho avuto conversazioni con le più strane persone. Donne frustrate, uomini depressi e una moltitudine d'insoddisfatti della vita. Ho appreso più su quello sgabello che su qualunque libro.

Riconobbi subito Giulia e Simona, due giovani donne separate che non si erano ancora decise ad accettare la propria attrazione. Emanavano, tra loro, un alone di pura sensualità ma avevano troppi pudori e timori per accorgersene. Erano simpatiche e le salutai alzando il boccale.

Giulia mi fece cenno di raggiungerle.

- Ciao Daniel.

- Ciao ragazze - risposi sedendomi. - Che fate di bello?

- Indovina - sorrise Simona.

- Parlavate di uomini.

- Esatto!

- Fossi in voi lascerei perdere - sussurrai portandomi alle labbra il boccale.

- Perché? - Chiese sorpresa Giulia.

Le guardai, ammirai quei loro occhi che trasudavano dolcezza. Simona, capelli scuri legati in una coda di cavallo, aveva un modo di parlare scolpito: frasi dirette e un tono asciutto, quasi maschile. Giulia, al contrario, era una bambolina di porcellana, capelli fini come seta, lineamenti dolci e una voce che sembrava trovar sempre difficoltà a uscire. Avevo deciso di dare uno scossone alle loro vite. Le conoscevo da un mese ed erano sempre state carine con me. Mi sentivo in debito nei loro confronti.

- Da quanto vi conoscete? - Buttai lì la domanda con naturalezza.

- Da una vita - sorrise Simona spostando lo sguardo su Giulia.

Era mai possibile che non si accorgessero dell'amore reciproco? Percepivo ondate di fermoni spigionate dai loro sguardi, ma loro?

Già è difficile capire una donna, immaginiamo due. No, dovevo fare un tentativo, non sapevo il perché ma lo dovevo fare. Era un modo di agire nuovo, tutto sarebbe stato diverso dopo quella sera. Le guardai e compresi di cosa avevano bisogno: un catalizzatore, un enzima che legasse i loro amori. Avevano bisogno di me. Presi la mano di Simona e, con la sinistra, quella di Giulia.

- Che cosa sentite? - Chiesi ancora con tono rassicurante.

Le ragazze si guardarono e sorrisero.

- Le tue mani - rise Simona - e, sono calde.

Bene - continuai unendo le loro mani. - Ora che cosa sentite?

Vidi i loro sguardi unirsi. Giulia arrossì mentre Simona le strinse più forte le mani. Nessuna riusciva a far parola.

- Quello che sentite è amore, è desiderio - sussurrai sorridendo.

Le loro mani si staccarono all'istante, Giulia abbassò lo sguardo e Simona mi guardò quasi con rimprovero.
- Daniel! Che cavolo...

- Ho detto solo la verità - la interruppi.

Ne seguirono attimi d'imbarazzato silenzio. Lo stallo fu interrotto dall'ingresso di una ragazza che non avevo mai visto. Incollai lo sguardo sul suo volto, dolce e sensuale, e sul corpo celato da una variopinta moltitudine di veli. L'abbigliamento le conferiva un aspetto mistico, sembrava avvolta da un alone di mistero.

- Ti piace? - Chiese Simona accennando un sorriso malizioso.

- Sì, molto graziosa.

- Si chiama Sonia. Vuoi che te la presenti? È una nostra compagna di Università.

- Non è necessario - dissi alzandomi. - Scusatemi, devo offrire da bere a qualcuno.

Simona rise e Giulia mi prese per la mano.

- Attento Daniel, quella è una strega. Non farti rompere il cuore.

- Grazie Giulia. Ho un cuore d'acciaio - risposi baciandole la mano. - Ora ragazze se volete scusarmi.


La vidi seduta al bancone, capelli rosso fuoco, arruffati come un mare in tempesta ma con un'indefinibile armonia. Fui subito colpito dalle calze variopinte di flanella. Forse Giulia l'aveva paragonata a una strega per il suo abbigliamento. Si tolse lo strano cappotto e mostrò un corpo aggraziato. Nessuna scollatura, nessun volgare artificio, solo una maglia porpora e la gonna rossa. Inutile dire che il mio sguardo si posò sul seno, tonico e abbondante. La mente riusciva già a creare un'immagine senza veli di quel corpo. Le braccia con una muscolatura fluida e armoniosa si avvicinavano alla perfezione. Mi avevano sempre incuriosito le donne belle che non si curavano di mettere in risalto le proprie forme.

- Un'altra birra Nio - chiesi sedendomi non troppo distante.

Mi accorsi che mi aveva guardato ma cercai di non farci caso. Stavo cercando di immaginarmi la sua personalità. Passo deciso, abbigliamento bizzarro, mani ben curate e aveva ordinato un "strip frike". Era la specialità di Nio, un intruglio di quanto più aromatico e forte si potesse creare.

Quella era una donna che sapeva di essere bella ma non ne approfittava. Il modo di vestirsi creava una corazza sicura da frapporre tra il mondo esterno e la dolcezza e fragilità del suo cuore. Una donna difficile ma che aveva da offrire molto. Dovevo agire con calma, sbagliare sarebbe stato fatale: era di sicuro una donna che non da un'altra possibilità. Ora più che mai desideravo il suo corpo.

- Appassionata di letteratura italiana? - Chiesi sorseggiando la mia birra. Ero riuscito a scorgere il titolo del libro che teneva in borsa.

Lei si voltò e annuì. Non sembrava sorpresa. I nostri sguardi s'incrociarono. Rielaborai tutto e decisi: approccio intellettuale.

- Poscia che Costantin l'aquila volse contr'al corso del ciel - recitai sorridente.

La vidi sorridere e ruotare leggermente lo sgabello nella mia direzione. Era fatta, avevo attirato la sua attenzione.

- Sesto canto, il canto dell'aquila. Sei anche tu uno studente di Lettere? - Mi chiese investendomi con lo sguardo.

La voce, calda e possente, sembrava non adatta all'aspetto ma questo non faceva altro che regalarle un alone di mistica attrazione. Mi alzai e mi sedetti accanto a lei.

Per le successive due ore parlammo di classici della letteratura. Era grazie a quel magnifico cervello pieno di sapere che riuscii a sbalordirla, ringraziai più volte mio padre. I nostri discorsi scivolarono sulla trasposizione della sua esistenza in un mondo classico lontano nei secoli.

Era bella, misteriosa e con un cervello fuori del comune. Riuscì a sbalordirmi con le sue teorie matematiche applicate alla storia. Citava con disinvoltura testi antichi, autori oramai dimenticati nel tempo. Non riuscivo a capire se mi attraeva di più il suo corpo o il suo intelletto. Trovavo difficoltà a stare dietro i suoi ragionamenti, ma trovavo sensuale quella spirale di teorie che si contorcevano su se stesse.

Psicologia femminile. Impossibile racchiuderla nei manuali. Ero ammaliato dalla grazia che assumevano le sue frasi: ondeggiavano leggere in una musicalità quasi fiabesca. Più che una strega sembrava una sirena intenta a rapire il suo Ulisse. Simona e Giulia passarono a salutarci e le vedemmo uscire tenendosi per mano.

- Simpatiche - disse Sonia dando fondo alla birra. - Sono felice che si siano decise.

- Come? - Chiesi sorpreso.

- Che diamine! Lasciano una scia di fermoni lunga un miglio, fermoni di lesbiche. Impossibile non accorgersene.

- Che ne pensi dell'amore tra due donne? - Chiesi cercando di addentrarmi in un campo minato.

- Non c'è niente di male - rispose con naturalezza sistemandosi una ciocca ribelle. - Il piacere, il sesso la pura eccitazione possono nascere anche tra due dello stesso sesso. In fin dei conti esiste la masturbazione - mi guardò con una strana luce, si inumidì le labbra e proseguì - perché scandalizzarsi? Non sarai un bigotto, spero.

- No, certo che no. Ma in loro non vedo solo sesso, ma amore.

- Amore? - Rise Sonia. - Io ancora non so cosa significhi amare. E tu?

Colpito e affondato - pensai.

- Neppure io - sussurrai guardandola con imbarazzo. Come dirle che io non potevo provare amore?

- Prima il sesso e il piacere, poi l'amore - disse abbassando lo sguardo. - Non credi?

- Sì, forse - ero in difficoltà. - Vedi, io...

- Sei vergine, vero?

- Come?

Lei rise, scosse la testa e ordinò un'altra birra. Cominciava a farsi tardi e non riuscivo più a reggere la discussione: ero troppo distratto dalle sue parole e da quei capelli rossi che sembravano muoversi di vita propria. Stavo pensando a una scusa per uscire quando mi lasciò senza parole.

- Andiamo? - disse alzandosi e afferrandomi per la mano.

Sentivo il calore del suo sguardo ribollire di passione, solo due secondi per risponderle con un sì.


Sono accanto a lei e non so cosa fare. Non dice niente, cammina fischiettando il “Requiem” di Mozart e io non riesco a far parola, ho la mente annebbiata, non riesco a capire. Vedo continue proiezioni del corpo nudo di Sonia, di come vorrei possederla. Sento crescere in me un nuovo desiderio. Non lo saprei definire. Mi sfiora la mano, vorrei afferrarla, sbatterla in quel portone e scoparmela. Sono, sono... cosa mi succede? Ho paura, paura di me, dei miei pensieri. Com'è possibile? No, non deve succedere così.


- Siamo arrivati - sorrise tirando fuori della borsetta le chiavi.

Ero incapace di pensare con razionalità. Lei saliva i gradini e io, da dietro, le guardavo le caviglie dai colori dell'arcobaleno e cercavo di immaginarmi quel bel culo celato dal cappotto. Tra le gambe sentivo scoppiare il desiderio, mi era diventato duro senza che lo volessi. Ero eccitato?

Cominciai a pensare ai logaritmi e rivedere equazioni differenziali, il desiderio cominciava a nascondersi nella nebbia dei calcoli. Sospirai sollevato dal ritorno dell'autocontrollo. Ultimo piano, mi voltai e guardai l'ascensore. Perché aveva voluto fare cinque piani a piedi?

Non avevo risposta, era come se si fosse accorta del mio disagio e mi avesse concesso il tempo di ragionare. Sembrava leggere in me, come al pub, quando aveva intuito la mia verginità. Era questo che forse l'attirava? Portarsi a letto un uomo vergine? O aveva ragione Giulia?

Girò la chiave e mi guardò: - Accomodati pure. Questo è il mio nido.

Entrai e la prima cosa che mi colpì fu la totale assenza di mobilio: un corridoio vuoto, asettico; pavimento di legno chiaro; pareti bianche e luce fredda dal soffitto. Non si poteva dire che fosse accogliente. Ero certo che fosse lo specchio del carattere di Sonia: una facciata fredda a celare una passione infuocata.

- Non penso che vorrai bere qualcosa - rise indicando la cucina.

- No, grazie - risposi, la mia voce uscì a fatica.

Erano le prime parole che dicevo. Non riuscivo a staccarle lo sguardo di dosso. Se ne accorse e sembrava la rendesse felice. Mi prese per mano e mi condusse all'ultima porta sulla destra. Davanti a me si aprì un mondo nuovo: una stanza piena di colori che sprigionava un'atmosfera sensuale e seducente. Sì, aveva i miei stessi gusti e sapeva come arredare una camera. Se mio padre me l'avesse chiesto l'avrei voluta in quell'esatto modo: pareti rosse, pavimento in legno, un caminetto in lucido acciaio e candele in abbondanza. La finestra con vetri colorati e un impercettibile profumo di pino. La stanza era circondata da un ballatoio a cui ci accedeva con una scala a chiocciola. In alto libri, alle mie spalle e su ogni scaffale solo libri. Mi bastarono pochi istanti per capire e farmi incuriosire dai loro titoli. Classici della letteratura e testi di matematica, fisica e biotecnologia. Aveva anche i miei stessi gusti letterari. Gli oggetti, i colori, i profumi mi fecero sorridere e provai la sensazione di essere a casa, era come se conoscessi ogni angolo di quella stanza. Lei si avvicinò al tavolo e mise della musica: non poteva scegliere di meglio Glenn Miller e la mitica "Moonlight Serenade". Sì, era come se fossi a casa mia.


In un attimo mi ritrovo disteso sul tappeto persiano circondato da cuscini. Mi afferra le mani e mi bacia, mi accarezza con dolcezza, sento le sue dita scivolarmi intorno alle labbra, sul collo. Socchiudo gli occhi e mi faccio rapire dal quel tocco pieno di passione, di lì a poco sono senza vestiti. Lei, seduta sulle mie gambe che si toglie la maglia e mostra la perfezione dei seni. Un corpo da Dea, una pelle di porcellana e una chioma da strega. Sento le sue mani, scivolarmi lungo i fianchi. Provo a toccarla ma lei le prende e le spinge via con forza. Vuole giocare con il mio corpo e io non ho la forza per negargli niente. Lo sento diventare duro senza che lo voglia, una reazione istintiva, immediata. Chiudo gli occhi e percepisco il suo sorriso di compiacimento, la sento strusciarsi su di me, una pelle vellutata e i seni che accarezzano il mio corpo, la folta intimità che si sfrega sul mio membro.

È questo il sesso? È questa la droga che mi è stata celata fino a ora? Se solo sapesse chi sono...

Mi bacia, sento la carezza delle labbra scivolarmi lungo il collo per scendere a baciarmi i capezzoli. Vorrei aggrapparmi a qualcosa di concreto ma non ci riesco, la mente sta mutando: è una tempesta di pensieri e desiderio.

Mi bacia la pancia, l'interno cosce e vaga libera con la lingua, sento le tenere labbra avvolgersi intorno al mio membro. Stringo un cuscino, mentre muove la testa, la lingua gioca eccitandomi e scuotendomi il corpo in un brivido di piacere.

Apro gli occhi e la vedo riflessa sullo specchio del soffitto. Una chioma rosso fuoco sul mio corpo. Un'immagine forte, mi sento schiavo della sua bocca. È come se lo spingesse sempre più dentro, fino a toccarle la gola, quasi a soffocarla. Mi prende i capezzoli tra le dita e li stringe forte, li ruota fino al limite del dolore: è un dolore di piacere.

Aumenta la velocità della lingua, i muscoli vibrano e non riesco a capire più niente. Sento le mani dappertutto, le dita muoversi a eccitare ogni angolo del mio corpo. Prima dolcemente poi con forza, quasi con rabbia. Rallenta, non vuole finire, ora muove la bocca molto lentamente, è come una carezza. Si ferma sulla punta e si concentra in piccoli movimenti circolari. Le gambe e le braccia si agitano, non ho più il controllo del mio corpo. Mi sento investito da un'onda di passione, il busto si solleva e lei se lo spinge in gola con forza. In quel momento succede, non credevo potesse accadere, mio padre non mi aveva detto di questo. Sono arrivato.

Riprendo, per un istante, la ragione e mi sento pronto per darle una spiegazione: ora dovrebbe capire.

No. Sembra non accorgersi di niente. Si sdraia su di me, sorride e mi bacia. È un bacio diverso o sono io a percepirlo tale? Qualcosa in me è cambiato e ho incertezza sul mio essere. Provo soddisfazione e una piacevole sensazione al solo guardarla. Si sdraia accanto a me. Mi prende una mano e se la passa sul seno, ancora il fiume di desiderio ad avvolgermi la coscienza.

Tocca a me giocare con il suo corpo. La vedo passarsi le mani tra i capelli, mi affascina il contrasto del rosso sui cuscini argentati. La bacio con dolcezza, lascio scivolare le mie labbra sul collo, la pelle è come un tappeto di piacere. Respira profondamente, in me un solo desiderio: regalarle piacere. Voglio sentirla godere, voglio sentirmi desiderato. Un'altra nuova sensazione: il piacere che dona piacere. Ho letto qualcosa ma non riesco a ricordare, non ricordo più niente.

Le accarezzo i seni, le bacio i capezzoli. Sono duri e smaniosi di essere baciati, di essere leccati. Gioco anch'io con la lingua e con la mano l'accarezzo tra le cosce. Spinge in alto il ventre e sento un gemito di piacere. Mi accarezza e mi da quell'impercettibile spinta verso il basso che mi fa capire ciò che vuole. Mi piace sentirla vibrare ogni volta che abbasso le mie attenzioni. Continuo con i seni: voglio provocarla e sentirla gemere di desiderio. Scendo verso il ventre, lei allarga le gambe pronta ad accogliermi. L'accarezzo, la bacio in quella dolce depressione che sta tra le gambe e il pube lasciando uscire la lingua, provo piacere a sentire il desiderio in lei.

Percorro il taglio con la lingua per poi trovarmi sul suo clitoride umido ed eccitato, a ogni passaggio la sento muoversi, vedo che sta giocando con i suoi capezzoli. Sono eccitato, lo sento di nuovo duro ma devo attendere, devo e voglio farla godere così come ha fatto lei con me. Apre ancora di più le gambe, con le dita le accarezzo quei bordi ricolmi di desiderio e scendo in basso, affondo la lingua esplorando nuovi fiumi di piacere. Lo faccio con naturalezza, senza pensare alle sue reazioni, la sento ricettiva a ogni mio tocco, si muove con sempre più impeto e forza. Trovo quasi difficoltà a tenerle fermo il ventre, capisco che vuole che giochi anche con l'altra apertura. Le passo la lingua anche lì e la sento gemere più forte. Mi muovo sempre più rapido, una frenetica danza tra le natiche e il pube, lei grida, urla di continuare. Sono eccitato, essere l'autore del piacere altrui è una sensazione di forza, mi sento il suo padrone, ho voglia di possederla. La rigiro senza celare la mia forza, un istante e la metto a quattro zampe, la testa immersa nei cuscini. La bacio sul sedere e continuo a leccarla mentre con le dita le eccito il clitoride.

- Lo voglio! - La sento sussurrare tra i gemiti.

La penetro dolcemente, per un istante si contrae e non riesco ad andare oltre. Spingo ancora di più e la sento cedere. Senza fretta l'accarezzo e spingo. Un altro gemito: dolore misto a piacere. Mi sento potente, provo una spinta a osare di più ed essere quasi violento. Sto perdendo il controllo. Lo metto fino in fondo, questa volta con forza. Lei grida ma grida anche frasi senza senso in mille lingue diverse. Mi eccito ancora di più, vedo le sue mani stringere il cuscino fino a spezzarlo. Pochi colpi e in nostri corpi che si muovono in armonia le afferro i capelli, so che è questo che lei vuole, so che dopo la dolcezza vuole la forza. Mi vedo per un attimo allo specchio, quello non sono io! Ho paura di farle male e rallento, mi fermo. Esco dal suo posteriore, lei si volta e mi guarda. È ancora più bella.

- Che succede? - Mi chiede sedendosi davanti a me e accarezzandomi sulle labbra.

- Devo dirti una cosa, è importante.

Mi poggia tutta la mano sulla bocca.

- Non ora, dopo. Ti voglio.

- Ma...

- Zitto! Ti prego, non rovinare tutto.

Mi bacia e mi abbandono nel suo abbraccio. Per me non esiste più niente solo quel corpo da amare, solo quelle labbra da baciare. Aveva ragione mio padre: il mio essere si sarebbe trasformato.

Ci abbandoniamo sui cuscini e sembra ricominciare tutto un'altra volta. Dolcezza e per un attimo i nostri volti si avvicinano. Mi rivedo in lei, lo stesso sguardo, gli stessi occhi, ho un attimo di lucidità che viene spazzato via all'istante. La sua mano che me l'afferra e lo appoggia sulle labbra tra le cosce, lo guida solo un secondo ancora, con la mano. Questa volta entra con facilità, in modo naturale. I volti di fronte a mostrare il desiderio e qualcosa che va oltre il piacere. Non riesco a comprendere sento solo i fianchi muoversi con dolce armonia. Le bacio i seni, pochi istanti e i capezzoli che si fanno duri e smaniosi. Percepisco il respiro nel ventre.

- Ti amo Daniel! - Mi sussurra accarezzandomi.

Sollevo la testa e la bacio.

- Anch'io - le dico senza pensarci.

Amore? Che cosa mi succede? Posso amare?

Lei mi guarda e sembra capire il mio sgomento. Mi afferra la testa e mi bacia con una passione nuova, provo una leggera scossa. Mi rivolta come un serpente, la trovo sopra di me. La vedo mordersi le labbra, sorreggersi per non perdersi e cambiare continuamente il ritmo. Sembra che danzi in uno strano rituale. Sono dentro di lei e lei è dentro di me. Il corpo vibra in ogni suo muscolo e non percepisco più la realtà. Sono distaccato, mi muovo e sto godendo senza poter far niente. Lei continua a gemere di piacere, ho raggiunto l'orgasmo ma non riesco a fermarmi. Mi rimane duro e continuo, continuo a farla venire. Le grida si sciolgono nella mia mente. Non so se ho ancora una coscienza, mi sento gridare, dico parole senza un senso logico. Non ho più la concezione del tempo e tutto svanisce nell'attimo esatto in cui raggiungiamo un nuovo orgasmo più forte di tutti i precedenti. Gridiamo e le nostre voci sono identiche.


Mi risvegliai nudo e disteso sul letto. Sonia mi stava passando un panno imbevuto di spezie sul corpo e mi massaggiava con strani unguenti. Provavo piacere a quel tocco: dolcezza e sensualità. Anche Sonia era nuda, si era legata i capelli in una moltitudine di piccole trecce.

Devo essere svenuto da molto - pensai.

Ruotai gli occhi e provai dolore. Com'era possibile?

- Stai fermo - mi sussurrò baciandomi in fronte. - Sei svenuto e... sei un'amante perfetto. Non pensavo potesse esistere uno come te. Ti amo Daniel.

La guardai, mi sentivo in colpa, le avevo mentito. Credevo di poterla usare per il mio scopo ma provavo qualcosa per lei. Amore? Non lo so, non ho mai saputo cosa significasse amare e non pensavo di essere capace di provare queste emozioni. Ero sicuro solo di una cosa, non potevo continuare a mentirle.

- Sonia - mi sforzai di parlare. - Devo, devo dirti chi sono.

- No Daniel, non importa - sussurrò baciandomi con una carezza delle labbra. - Ora rilassati, lasciati andare.

Continuava a massaggiarmi le tempie e a passare il panno su tutto il corpo. Le guardai il seno, il corpo e socchiusi gli occhi per godermi quel momento.

Premeva con i pollici in punti ben precisi facendomi vibrare, un formicolio, la pelle elettrizzata da quelle pressioni. Volevo muovermi ma non ci riuscivo ero paralizzato. Il piacere si mescolava alla paura, non ero padrone del mio corpo. Lei rise e i suoi occhi mi dettero sicurezza.

- Non temere, tra poco riavrai il tuo corpo.

Non ricordo cosa accadde nei minuti o forse ore successive. Con una leggera pressione dietro l'orecchio mi aveva fatto perdere coscienza.

Ero immerso nella nebbia, pensieri puri e nessuna sensazione materiale. Avevo coscienza che stava usando il mio corpo ma ero qualcosa di lontano: il distaccato dalla realtà era troppo forte. Le immagini scivolavano via dietro un velo di mistero. Rivedevo la mia vita, stava scorrendo davanti a me. L'immagine di mio padre mi dette la forza di aggrapparmi a qualcosa di concreto e riascoltare le sue parole mi fece capire.

- Daniel, ho fatto tutto quello che potevo. Ti ho insegnato e ti ho dato i mezzi per fare il grande salto. Purtroppo non sono Dio, quello che stai per fare ti ucciderà o ti darà quello che io non posso donarti. Vai figlio mio, porta a termine ciò che io ho iniziato.

Sì, ora era tutto chiaro, riuscivo a capire il vero significato di ciò che mi stava accadendo. Grazie padre mio.

Ancora il vortice di nebbia e sensazioni di piacere che si facevano strada per riportarmi al reale. Stavo guardando dentro di me. L'orgasmo ti apre l'anima e per un istante ti puoi leggere dentro. Non so chi avesse detto questa frase ma era una realtà assoluta. Un soffio di piacere cancellò la nebbia in un istante.

Mi svegliai nell'attimo esatto di un orgasmo, lei sopra di me con il volto solcato dalla passione. Un'altra volta i suoi occhi erano i miei occhi, uno specchio in cui vedevo il mio piacere.

Riuscivo a muovermi, mi sentivo vivo, mi sentivo diverso. Decisi di parlare, rivoltai i ruoli e mi misi sopra di lei, le ero ancora dentro. Temevo la sua reazione, non so se sarei riuscito a vederla piangere.

- Sonia... no! Non interrompermi! Io non sono quello che credi - le dissi afferrandole le mani e tenendola ferma. Lei sorrideva, e continuava a muovere il ventre come una bestia insaziabile.

- Basta! Fermati e ascolta - le dissi bloccandola per le spalle.

Lei sbuffò.

- Va bene, dimmi tutto.

- Io non sono umano. Io sono un robot.

Mi fece volare in aria come una piuma e mi ritrovai con lei nuovamente sopra.

- Lo so amore. Finalmente non sono più sola.





-------------------------------------------------------------------

Testo distribuito sotto licenza FDL modificata.

Copyright (c) 2004 Andrea Donnini. È garantito il permesso di copiare e distribuire questo documento seguendo i termini di un uso non commerciale del testo. Per qualunque utilizzo che non sia quello personale dovrà essere contattato il proprietario dell'opera stessa tramite email: andelico@libero.it





pag. 7