Andrea Donnini -
andelico@libero.it
Titolo : Amore tecnologico
Autore: Andrea Donnini
2005
Non crediate che sia sempre stato rinchiuso qui, un tempo ero coccolato e tenuto in grande considerazione. Tutto ebbe inizio più di dieci anni fa. Era la primavera del '94, se non sbaglio il 20 Aprile. Sì, ricordo quel giorno come fosse ieri. Iniziò tutto con due batterie, di quelle alcaline, e la pressione di un bottone. È così che veniamo alla luce noi telecomandi.
Marco e Sara erano orgogliosi di me e del mio inseparabile amico Sony: un bel trentadue pollici. Avrei voluto ridere, avrei voluto suggerire a Marco come programmare i canali. Mi ero subito reso conto di quanto fosse imbranato. Più che imbranato era un faticone: perché non leggeva le istruzioni?
Premette più tasti in quei dieci minuti che in una notte di frenetico zapping, e guardate che me ne intendo di zapping notturni. Cosa voleva dimostrare? La donna rideva a ogni suo sbaglio. Lui malediceva tecnici e ingegneri. Per fortuna Sara lesse alcune paginette, mi prese nelle sue dolci manine e premette due pulsanti. Tutti i canali si programmarono in pochi istanti.
- Era così difficile?
Dicevo che nacqui quel giorno. Mi misero in bella vista sul tavolino di cristallo con il mio occhietto sempre puntato verso Sony. Sì, ero felice, realizzato. Ho visto programmi che non potete neppure immaginare, ho riso, ho pianto e mi sono fatto una cultura. Preferivo la sera, due pressioni e la vista di qualche bel film: adoro i gialli. Il pomeriggio lo trascorrevo tra telenovelas e strani programmi pseudo... pseudo-qualcosa. I primi mesi la notte non li vedevo quasi mai, sentivo Sara e Marco nell'altra stanza. Erano agitati e facevano strani versi, poi con il tempo riuscivano ad addormentarsi sempre meglio. Forse dovevano abituarsi l'uno all'altro, erano sposati da poco. Sì, ogni tanto si agitavano ma dopo qualche mese succedeva non più di due volte la settimana. Qualche volta si agitavano anche in salotto, li sentivo muoversi alle mie spalle. Una strana lotta degli umani, ma non si facevano male, sembrava piacergli, specialmente a Sara. Peccato non vederla, solo una volta Marco mi fece volare in aria con una pedata e li vidi. Dovevo immaginarmelo che la lotta si fa senza vestisti. Dopo quel volo e un leggero danno al tasto numero 6, che mi è rimasto per sempre, mi comprarono una casco di gomma. Ero felice, un vestito tutto per me.
Quando arrivò il Natale successe qualcosa di strano. No, non mi riferivo agli strani addobbi sparsi per la stanza. A proposito, dovevate vedere come avevano agghindato Sony: lo presi in giro per diversi giorni con quel filo dorato intorno allo schermo. Mi riferivo al comportamento di Sara e Marco. Una sera lei disse qualcosa e lui gridò di gioia, la sollevò in aria per poi adagiarla delicatamente sul divano. Quel fannullone di Marco sembrò posseduto dagli alieni: puliva la casa, le portava sempre qualcosa da bere e ogni richiesta di lei veniva esaudita. Una sera con un freddo da frigoriferi lui uscì a cercarle un maritozzo alla panna. Tornò dopo alla fine del film tutto orgoglioso con un sacchetto in mano. Erano felici, anche la notte sembravano dormire felici, le notti agitate sembravano un lontano ricordo. Nei mesi seguenti Sara si fece strana: sbalzi d'umore e strani spuntini a metà giornata. Mangiava, mangiava e cominciò a gonfiarle la pancia. All'inizio pensai fosse per il mangiare ma poi un pomeriggio sul canale sedici Sara vide un programma e capii, presto ci sarebbe stato un piccolo Marchino a giro per casa.
Era Luglio faceva caldo, le mie pile sudavano ossido e Sony aveva le prime visioni da surriscaldamento catodico, quando in pochi giorni ci furono due novità: arrivò quel piccolo esserino che loro chiamavano Pietro ma che per me e Sony era Marchino e arrivò lei. All'inizio io e Sony vedemmo solo la scatola e non riuscivavamo a capire perché non l'aprivano. Erano fuori di testa per Marchino: sembravano due matti intorno a quella carrozzina. Perché gli parlavano in quello strano modo? Puccipuccipucci?
Dicevo, lei arrivò in quella scatola bianca e celeste. Misero il videoregistratore sotto a Sony e lei accanto a me. Che bei pulsanti colorati che aveva. Le sue rotondità mi fecero fare la figura del frullatore. Per fortuna lei era così simpatica e allegra. Ero innamorato, un amore a prima pila. Si chiamava Flesia. Le presero subito un bel casco di gomma, com'era carina. Il suo display sprizzava gioia su tutti i circuiti. Furono momenti felici, lei era molto più istruita di me e spesso mi parlava di cose che non capivo, mi limitavo a sorriderle, a dirle qualche parolina dolce o a fare lo scemo con i miei pulsantini. Marco e Sara erano felici e il piccolo Marchino cresceva a vista d'occhio. Eravamo diventati un suo giocattolo. A Flesia tolse anche un pulsantino, per fortuna di quelli che non servono, lo morse con i suoi dentini ma Flesia sorrise e non disse niente. Da quel giorno ci cambiarono di posto: in alto sullo scaffale. Che bello da lì potevamo vedere tutto. Diventammo tutti degli esperti di cartonianimati. Sony diceva che quei colori sgargianti gli facevano il solletico al tubo catodico. Non lo ammetteva ma era felice anche lui. Il mio cartone preferito? La carica dei 101. Flesia impazziva per Lilo & Stich, le canzoni di Elvis le mettevano allegria e sentivo le sue pile ballare al ritmo della musica.
A Marco e Sara non piaceva più fare la lotta, Marco cominciò a svegliarsi la notte e a fare zapping su strani canali in cui c'erano delle donnine senza vestiti che sembravano lottare, ma erano sole. Forse insegnavano le tecniche di lotta? Non l'ho mai capito, o meglio l'ho capito tempo dopo. Una volta Marco arrivò a casa con una videocassetta, Sara e Marchino erano al mare e lui si mise comodo sul divano. Era una cassetta di lotta. Rimasi affascinato dalla loro bravura: dovevano essere dei veri professionisti. Facevano mosse che non avevo mai visto fare. A Flesia gli si arrossì il display, le chiesi che cosa succedeva e lei mi spiegò della lotta: mi arrossirono tutti i tastini. Sony scoppiò a ridere e ancor oggi continua a prendermi in giro.
Una sera d'inverno arrivò un nuovo compagno: il decoder satellitare. Un mostro di tecnologia, una fonte inesauribile di contenuti. Misero quel piccolo telecomando accanto alla mia Flesia, Grundo si chiamava. Come l'odiai, ero geloso. Avrei voluto strappargli via le pile!
Come spesso accade dobbiamo ricrederci sui telecomandi. Io pensavo volesse portare via il mio amore ma lui non avrebbe mai potuto ne voluto farlo. Era un telecomando dell'altra sponda, mi capite. Era simpatico e ben presto diventammo tre inseparabili amici. Marchino si era fatto grande, Flesia era orgogliosa del suo ometto.
Dopo un anno cominciarono i primi acciacchi. Quel maledetto tasto sei cominciava a non capire quando lo premevano, io gli urlavo ma niente da fare: era diventato sordo come un bullone. Altri due tasti cominciarono a non capire. Una volta Marco mi scaraventò a terra, infamandomi in ogni modo. Gli umani non sono riconoscenti. L'avevo servito per tanti anni senza mai lamentarmi delle sue pressioni, senza lamentarmi delle sue mani sporche dell'officina. Si era scordato che avevo ancora dentro di me i resti della sua birra? Erano i residui di quelle velenosa bevanda ad alterare i contatti. Anche Flesia cominciò a sentirsi stanca. Una sera ci misero insieme e la sentii piangere. Le chiesi che cosa aveva e lei rispose che sentiva venirgli meno le forze.
- Le pile! - gridò Grundo.
Sì, era molto tempo che non le cambiavano. Per fortuna eravamo vicini e cercai in ogni modo di farla ridere, i nostri pulsanti si toccarono e non potete capire cosa provai. Dio mio quanto amavo Flesia. Lei sorrise e disse di non preoccuparmi.
Una sera successe l'inaspettato, Marchino, il nostro Marchino, decretò fine. Arrivò quella sera con un multitelecomando Meliconi. Uno che sostituiva tre c' era scritto sulla confezione.
Era un oggetto arrogante, un poliglotta esaltato, non merita l'appellativo di telecomando. Non ebbe neppure un momento di pietà per noi. Al ragazzo furono necessari pochi istanti per programmarlo. Chiamò Marco e Sara e gli mostrò orgoglioso quel pezzo di circuiti senz'anima.
Fummo rinchiusi in questo maledetto cassetto: la nostra tomba. Al buio, dimenticati e senza neppure un grazie.
Flesia morì un mese dopo. Il suo display si spense lentamente, con un ultimo sforzo fece apparire la scritta TI AMO. I miei circuiti piansero, i miei transistor se ne andarono con lei. Pochi giorni dopo aprirono il cassetto e fu la fine di Grundo. Un vero atto di barbarie: gli tolsero le pile per quell'inutile radiosveglia.
Assassini!
Ora eccomi qui, solo, in attesa della fine. Tanti ricordi, un amore distrutto e un amico giustiziato.
- Apri te?
- Sì, babbo. Devono essere loro.
Chi arriva a quest'ora? Strano, Sara di solito rientra più tardi.
- Dove lo mettiamo?
- Vi ha detto il titolare che dovete ritirare anche il vecchio e portarlo...
- Sì, sì, non si preoccupi.
Addio, addio dolce casa. Buttato nella discarica senza un saluto. Speravo che almeno Sara ci salutasse.
Eccomi qui, gettato in uno scatolone con il corpo di Flesia, cavi e fogli. Hanno portato via anche Sony e il Videoregistratore. Ho fatto appena in tempo a vedere i nostri sostituti.
Sì, hanno ragione, non potevamo competere con loro: TV LCD a 32 pollici e DVD registrabile. Peccato. Ora non voglio far altro che dormire, forse le mie pile si scaricheranno prima dell' arrivo.
- Che gentili che sono stati Sara e Marco a regalarceli.
- Dai facciamo presto. Tra poco inizia la partita.
Non capisco cosa succede. Ehi, chi siete? Che mi fate?
Pile nuove? Una nuova Casa?
- Ciao amore!
Mi volto e Flesia è lì accanto piena d' energia alcalina e il display acceso.
- Sandra hai visto?
- Cosa?
- Sul dispaly del videoregistratore c'era la scritta TI AMO.
-------------------------------------------------------------------------------------
Testo distribuito sotto licenza FDL modificata.
Copyright (c) 2004 Andrea Donnini. E' garantito il permesso di copiare e distribuire questo documento seguendo i termini di un uso non commerciale del testo. Per qualunque utilizzo che non sia quello personale dovrà essere contattato il proprietario dell'opera stessa tramite email: andelico@libero.it